L’allattamento al seno è una priorità, facciamo rispettare le linee guida che già ci sono

Da Il Sole 24 ore – Sanità

di Sergio Conti Nibali (responsabile Gruppo Nutrizione Associazione culturale pediatri – Acp)

La rivista scientifica Lancet a inizio anno ha pubblicato la più estesa e accurata serie di ricerche finora mai intrapresa (finanziata dalla Fondazione Gates e da Wellcome Trust) sugli effetti dell’allattamento al seno, ponendo fine a qualsiasi dubbio circa l’impatto dell’allattamento al seno sulla salute e il benessere delle popolazioni.
La sintesi estrema è che la mancata protezione e sostegno all’allattamento sta uccidendo più di 800.000 bambini ogni anno, sta causando oltre 20.000 morti per cancro al seno e ha un costo per l’economia globale di circa 302 bilioni di dollari all’anno dovuto alla perdita in sviluppo cognitivo, che incide sulle potenzialità economiche. [Leggi tutto l’articolo]

7 commenti

  • Angela

    La libertà… il business…

    Ma fermiamoci e ricordiamoci che siamo “animali”. Torniamo alla naturalità e seguiamo il nostro corpo e laddove ci sentiamo insicure rivolgiamoci con fiducia ad ostetriche del sistema sanitario addette a questo bellissimo scopo o a quelle private o alle consulenti di allattamento. E’ importante.

  • Premesso che ancora devo finire di leggere il bibbione del Lancet, quanto dice Conti Nibali (e non solo… L’UNICEF ha pubblicato qualcosa di quasi identico) a mio avviso trae delle conclusioni fallaci da un punto di vista logico (e forse anche etico).

    Innanzitutto CN omette di specificare che le morti di cui si parla riguardano i paesi a medio e basso reddito, non certo l’Europa. Da come scrive sembra che ANCHE in Italia muoiano come mosche, cosa che invece non è.

    Secondo, se il discorso viene messo sulle linee proposte in questo articolo, si può facilmente controbattere che le morti NON sono affatto causate dal latte artificiale, bensì dall’assenza di acqua potabile e di igiene. Una volta che ci vengono risolti questi problemi, ecco che magicamente le morti scompaiono.
    Questo è lo stesso messaggio che passa, ad esempio, nel film Tigers dove viene più volte ripetuto che le morti e la denutrizione sono causate dalla carenza di acqua.
    Posso dire che siccome nei paesi a basso reddito non hanno acqua potabile allora farebbero meglio ad allattare, ma da questo non segue logicamente che allattare sia meglio, ma solo che in quei paesi non hanno alternative.

    In altre parole, mi sembra che ci sia un errore nel modo in cui l’argomento a favore dell’allattamento al seno è stato viene posto in questo articolo – ma non solo – e così facendo si finisce per alienare (giustamente, aggiungo io) le donne nei paesi occidentali. È vero, i bambini in paesi a basso e medio reddito muoiono quando sono molto piccoli, ma questo nulla ha a che fare con le donne nei paesi occidentali e in particolare quelle italiane che sono affette da problemi di diversi ordini di grandezza inferiori.

    Nell’articolo dell’UNICEF a commento di quanto detto dal Lancet si fa presente che la mancanza di allattamento al seno è “causa di oltre 20.000 morti per cancro al seno”, e questo forse sarebbe un punto più valido da portare avanti in quanto non dipende dal livello dei servizi igienico-sanitari.
    Lo stesso articolo prosegue dicendo: “Secondo l’autore il professor Cesare Victora dalla Federal
    Università di Pelotas in Brasile: ‘C’è un equivoco molto diffuso
    che il latte materno può essere sostituito con prodotti artificiali senza
    conseguenze negative’ “. Sono sicuro che sia vero, ma non siamo in grado di affrontare tutte le situazioni nello stesso modo e qui sta il problema. Paesi diversi hanno problemi completamente diversi. Quali sono i NOSTRI problemi?

    In questo articolo la mancanza di libero accesso ad acqua pulita e potabile sembra essere il vero spartiacque, non i tassi di allattamento. Dobbiamo distinguere queste due situazioni e proporre un argomento per cui si chiarisce il motivo per cui il non allattamento al seno non è nell’interesse della donna (e in quello del bambino), indipendentemente dalla qualità dell’acqua che si beve.

    Non si può trattare tutto il mondo con lo stesso metro. Questo articolo, mescolando i paesi a basso reddito con quelli ad alto reddito, lo fa e per questo motivo non credo che aiuti la causa della promozione dell’allattamento.

    • sergio conti nibali

      Rispondo a Andrea Re:

      Devo dare atto che, per un refuso di stampa, è stata omessa alla frase “la mancata protezione e sostegno all’allattamento sta uccidendo più di 800.000 bambini ogni anno “ la specificazione che, nel testo originale del Lancet, questa cifra si riferisce ai “72 paesi a reddito più basso”. Detto questo, non credo che il messaggio dell’articolo e di tutta la serie del Lancet debba essere confinato ai paesi a basso reddito, ma è esatto ribadire che l’allattamento è una priorità di salute pubblica in tutto il mondo, paesi ricchi compresi.
      A scanso di equivoci, gli autori della serie del Lancet (2016; 387: 475–90) scrivono: “Our systematic reviews emphasise how important breastfeeding is for all women and children, irrespective of where they live and of whether they are rich or poor. Appropriate breastfeeding practices prevent child morbidity due to diarrhoea, respiratory infections, and otitis media [ear infections]. Where infectious diseases are common causes of death, breastfeeding provides major protection, but even in high-income populations it lowers mortality from causes such as necrotising enterocolitis and sudden infant death syndrome. Available evidence shows that breastfeeding enhances human capital by increasing intelligence. It also helps nursing women by preventing breast cancer. Additionally, our review suggests likely effects on overweight and diabetes in breastfed children, and on ovarian cancer and diabetes in mothers.”
      E tale concetto è ribadito, del resto, da numerosi pediatri inglesi in una lettera inviata al Lancet in questi giorni (https://ukbreastfeedingtrends.files.wordpress.com/2016/02/open-letter-uk-response-to-lancet-updated7.pdf).
      Se si vuole monetizzare il risparmio che si otterrebbe in termini di salute pubblica (intesa come prevenzione di malattie e morti per mamme e bambini) nei paesi “ricchi”, si può fare riferimento a quanto pubblicato da Bartick (Pediatrics 2010;125:e1048–56 e Obstet Gynecol 2013;0:1–9) per gli USA, dove si spendono 14.2 miliardi di dollari ogni anno per la cura di malattie associate al non allattamento nei bambini (inclusi 911 decessi) e 733.7 milioni di dollari (costi diretti) e 126.1 milioni (costi indiretti) per la cura di malattie nelle madri; o da Pokhrel (Arch Dis Child 2014;0:1–7. doi:10.1136/archdischild-2014-306701) per il Regno Unito dove viene calcolato che, sostenendo le mamme che allattano esclusivamente al seno a 1 settimana a proseguire fino ad almeno a 4 mesi, si risparmierebbero ogni anno 11 milioni di sterline solo per 4 malattie infettive acute, e che, raddoppiando la proporzione di mamme che attualmente allattano per 7-8 mesi, si ridurrebbe l’incidenza del cancro al seno tanto da fare risparmiare ben 31 milioni di sterline.
      E se non bastasse l’analisi «economica» sulla salute dei singoli, credo che il rapporto congiunto di Ibfan Asia e BPNI del 2014 (Formula for disaster) offra ulteriori elementi per capire come la soluzione di nutrire artificialmente i nostri neonati abbia dei risvolti ecologici assolutamente disastrosi. Tanto per fare qualche esempio per 1 kg di latte in polvere prodotto e lavorato, vengono emessi 21,8 kg di CO2-eq di gas serra, a cui si devono ulteriormente aggiungere le emissioni causate dal trasporto del latte nelle varie parti del mondo e dalla ricostituzione e riscaldamento domestico del prodotto in polvere (FAO, 2015). E negli Stati Uniti per la produzione e distribuzione del latte in formula sono annualmente necessarie 86.000 tonnellate di metallo e 364.000 tonnellate di carta, in gran parte destinate alle discariche (Lancet 2009).
      Mi sembra che possa bastare

  • Paola Mariotti

    Come è noto, i bambini che non vengono allattati non si cibano di manna che cade dal cielo, ma di sostituti artificiali privi delle (più di mille) componenti bioattive che garantirebbero loro uno sviluppo ottimale (sempre, in tutti i paesi del mondo) e ricostituiti in modo inadeguato e non igienico (quasi sempre, nei paesi in via di sviluppo); inoltre le madri che non allattano sono deprivate di una fase fondamentale del loro ciclo riproduttivo e sono, in particolare, più esposte al cancro mammario.
    E’ stato dimostrato, da una messe di studi epidemiologici, che dal mancato allattamento conseguono, per i bambini, rischi di malattie infettive acute, malnutrizione, SIDS, malattie cronico-degenerative, e persino di QI più basso e minor potenziale sociale. Non occorre un mago della statistica per capire che il peso di queste conseguenze si risenta in maniera diversa nei paesi a basso reddito ed in quelli ad alto reddito; dove è alta la mortalità per malattie infettive e denutrizione, incidono apparentemente meno la SIDS o il diabete giovanile, mentre nelle nazioni dove, grazie alle migliori condizioni socio-sanitarie, le morti infantili sono rare, si evidenziano maggiormente le conseguenze a medio e lungo termine del mancato allattamento, come l’obesità e le neoplasie. Questa discrepanza, a mio avviso, non diminuisce assolutamente l’importanza e l’universalità del messaggio che scaturisce dalle revisioni di Lancet: non esistono bambini morti o malati di serie A e di serie B; una famiglia povera a Boston può avere più rischi, per la salute, di una ricca di Kampala; un’emergenza umanitaria o un cataclisma naturale (ma anche una nascita prematura!) può colpire il nord come il sud del mondo, senza preavviso, e l’allattamento in questi casi può fare la differenza fra la salute e la malattia e persino fra la vita e la morte. La lattazione, inoltre, ha una sua intrinseca vulnerabilità, deve essere fatta iniziare e proseguire con motivazione e perseveranza e, una volta compromessa, non può essere ripristinata con facilità: privare una madre di informazioni, anche nel giustificato timore di turbarla o ingenerare sensi di colpa, o peggio ancora privarla di sostegno e di incoraggiamento, cosa che può accadere se non si è “abbastanza” convinti dell’importanza dell’allattamento, può innescare una perdita irreversibile per lei ed il suo bambino. Perciò distinguere fra gli “effetti benefici” del latte materno e quelli nocivi dell’acqua sporca appare come un esercizio inutile, e, a fronte della crisi mondiale che minaccia questa ancestrale funzione biologica, persino pericoloso. Chissà perché i sensi di colpa, in questi casi, non vengono a nessuno.

    • @Paola Mariotti,
      sono d’accordo, ma allora perché pretendere che ci sia un nesso consequenziale tra le morti nei paesi a basso e medio reddito e la mancata applicazione del codice in Italia?
      Se vogliamo parlare dell’universalità dei benefici dell’allattamento, allora parliamo dei benefici universali, non di casi specifici e locali.
      Solo dopo se vuoi puoi direi che la mancanza di acqua potabile nei paesi a basso e medio reddito ha anche il malaugurato effetto di causare la morte di tanti bambini (e scommetto anche di taaanti adulti). Il problema è che così dicendo hai sì bambini di serie A e di serie B, perché implicitamente ammetti che nei paesi a basso reddito le mamme non si possono permettere il latte artificiale (o se preferisci, non hanno DIRITTO al latte artificiale) a causa della mancanza di acqua potabile.
      Però se non fai questo distinguo, i bambini di serie B sonno quelli italiani, perché loro si trovano a non aver diritto all’accesso alla formula a causa di quello che accade nel terzo mondo.
      Come vedi entrambe queste argomentazioni sono prive di ogni logica perché paragoni due cose che appartengono a mondi diversi, causati da cose completamente diverse e che non c’entra nulla l’una con l’altra. Il problema (semantico, se vuoi) si risolve cercando motivazioni DAVVERO UNIVERSALI a un problema universale e non concentrandosi su statistiche LOCALI a effetto fornite senza contesto. Se non si fa così si continuerà ad alienare proprio quello che dovrebbe essere la popolazione target, ovvero le neo mamme italiane ed europee che vedono il latte artificiale come la norma.

      Mettere nella stessa frase situazioni dove bambini (e adulti) muoiono come mosche e considerarle simili ad altre dove per vedere un certo effetto bisogna fare studi epidemiologici a larga scala per molti anni, trovo che sia inutile per il lettore che rimane DISinformato. Non credo che la normalizzazione dell’allattamento potrà essere ottenuta (come possiamo vedere intorno a noi) seguendo questa strada. Al massimo si darà supporto a chi è già un “credente”, ma difficilmente se ne faranno di nuovi.

  • @Sergio Conti Nibali,

    sono perfettamente d’accordo con quanto dice e sono d’accordo che il lavoro del Lancet non vada “confinato solo ai paesi a basso reddito”. La mia critica invece si rivolge specificamente all’articolo del Sole24 Ore (e a quello dell’UNICEF che è pressoché identico). Mi riferisco alla frase, “La sintesi estrema è che la mancata protezione e sostegno all’allattamento sta uccidendo più di 800.000 bambini ogni anno” (facciamo conto che sia stato specificato che si parla di paesi a basso e medio reddito) a cui fa seguito un pezzo su”L’inadeguata applicazione e monitoraggio del Codice Internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno” per poi concludere il discorso parlando dell’Italia “Non servono dunque nuove linee guida. Serve solo farle rispettare. Sull’allattamento ormai sappiamo quello che deve essere fatto e ****conosciamo il costo del non farlo***.”
    (Non so come fare un grassetto, così uso gli asterischi).
    Come dicevo prima, il ragionamento posto così è fallace perché si mettono sullo stesso piano cose che non hanno NIENTE a che fare l’una con l’altra e che NON sono legate tra loro da un nesso conseguenziale.
    L’articolo del Sole24 Ore sarebbe stato molto migliore se invece di citare la statistica a effetto avesse messo il pezzo in inglese riportato nel commento. Quello sì che sarebbe stato informativo.

    Anche le info sulla mancanza di allattamento sono interessanti anche se mi chiedo se le cifre non siano errate… nel Regno Unito il risparmio di 11 o 31 milioni di sterline è quasi trascurabile, considerando che il budget annuale dell’NHS solo dell’Inghilterra è di circa 100 MILIARDI di sterline. Per carità, ogni risparmio è il benvenuto, specialmente se accompagna un miglioramento della salute pubblica, ma non parlerei di risparmiare “ben” 11 milioni di sterline. Inoltre bisogna anche esaminare i costi associati al sostegno necessario per ottenere questo obiettivo (che non so se siano inclusi negli 11 milioni di cui sopra.)

    Tra l’altro sarebbe interessante vedere anche altre statistiche su paesi a basso e medio reddito… Ad esempio, quante persone muoiono ogni anno per dissenteria, colera o altro a causa dell’assenza di acqua potabile? Anni fa per un periodo ho lavorato in india e l’azienda dove mi trovavo stava in piena città davanti a un canale artificiale, che altro non è che una fogna a cielo aperto e ogni giorno vedevo gente che vi si lavava, che ci lavava i panni, bestiame che ci si abbeverava, ecc.

    Se si vuole parlare di sostegno all’allattamento in Europa e in Italia bisogna smettere di parlare delle morti nei paesi a bassi reddito o se proprio dobbiamo farlo, specifichiamo che il problema è più legato alla qualità dell’acqua che altro. Quando si citano queste statistiche SENZA ALCUN CONTESTO non si fa altro che cercare l’effetto shock e non di informare.

    Tra l’altro, io vorrei veder spiegato perché negli USA dove il sostegno all’allattamento è pari a meno di zero, non c’è la maternità e l’allattamento è tabù i tassi di allattamento a 12 mesi sono così superiori a quelli del Regno unito (e Danimarca e Francia – vado a memoria qui), dove invece queste cose non accadono? Come mai nel Regno Unito il Lancet mi dice che 0,5 donne su 100 allattano a 12 mesi? C’è qualche lezione da imparare da questo fatto (a parte l’ovvio, che bisogna capire come si fanno le statistiche)?

    Insomma, gli articoli del Lancet offrono una quantità infinita di riflessioni, ma tra queste non annovererei il fatto che nei paesi a basso e medio reddito “la mancata protezione e sostegno all’allattamento sta uccidendo più di 800.000 bambini ogni anno”, o almeno non lo farei contestualizzando l’informazione così come è stato fatto.